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Il confine tra la vita e la morte potrebbe essere meno netto di quello che pensiamo
Il confine tra la vita e la morte potrebbe essere meno netto di quello che pensiamo. Per molte persone sono stati registrati diversi minuti di attività cerebrale dopo che il cuore si era fermato, e non è ancora chiaro cosa questo significhi. Alcuni neuroscienziati arrivano ad ipotizzare che, in alcuni casi e per breve tempo, le persone siano coscienti anche dopo la morte

Ma in realtà la morte non è qualcosa di così istantaneo come si potrebbe pensare.
Cosa succede quando si muore?
Quando il cuore si ferma, la morte arriva pian piano.
Quasi sempre, il decesso di una persona viene dichiarato nel momento in cui il cuore smette di battere. Quando questo accade, il sangue smette di circolare e non arriva più al cervello. Le funzioni cerebrali si fermano quasi istantaneamente, e questo comprende, ad esempio, i vari riflessi (come quello della pupilla).
La corteccia cerebrale rallenta immediatamente, ed inizia una serie di reazioni a catena di processi cellulari che, alla fine, porteranno alla morte di tutte le cellule cerebrali. Ma questo processo può richiedere ore per completarsi.
E, nel frattempo, succede qualcosa che ancora dobbiamo capire.

Foto di Karin Henseler da Pixabay
La misteriosa attività cerebrale dopo la morte
Una recentissima ricerca di diversi neurologi, che hanno studiato nove pazienti nel momento della morte, ha rivelato qualcosa di sorprendente. Anche dopo la morte “clinica”, ovvero dopo la fine dell’attività cardiaca, quella cerebrale andava avanti per diversi minuti.
Questo studio evidenzia che la morte avviene soltanto dopo un’ondata finale di attività elettrica, chiamata “depressione diffusa”.
Questi studiosi cercano dunque di ricostruire le tappe di cosa succede esattamente al cervello dopo la morte.
Alcuni dottori canadesi hanno riportato di come pazienti appena morti (senza battito cardiaco e riflesso pupillare) mostrassero alcuni tipi di onde cerebrali nei minuti successivi alla morte. In particolare, alcuni test hanno rilevato la presenza di onde delta, le stesse che caratterizzano il sonno profondo.
A complicare la questione c’è la grande differenza tra pazienti diversi. Innanzitutto non tutti mostrano l’attività post-mortem. Inoltre, persone diverse mostrano diversi pattern di attività. È impossibile, per adesso, capire il significato di questi segnali.
Saremo forse coscienti di essere morti?
La parte più inquietante – e complicata – riguarda la coscienza. Il Dr Jed Hartings del Cincinnati College ha dichiarato a Newsweek che non c’è modo di sapere per certo quando, nel cervello, termina la capacità dell’auto-consapevolezza.
Secondo il Dr. Sam Parnia, che fa ricerche sulla morte al NYU Langone School of Medicine di New York City, esistono casi di pazienti che, dopo essere stati “resuscitati”, con il cuore rimesso in moto artificialmente, hanno riferito di aver potuto sentire i discorsi dei dottori intorno a loro anche dopo la morte.
Parnia, con i colleghi, sta studiando la coscienza dopo la morte, monitorando il cervello attraverso la “soglia” tra vita e morte. L’obiettivo è capire se, e per quanto, la coscienza permane dopo la morte.
Uno dei più grandi problemi è che ancora non sappiamo esattamente cosa sia, la coscienza, dal punto di vista neurofisiologico. Possiamo solo fare alcune ipotesi su dove essa si trovi all’interno del cervello, ma le ricerche su questo tema sono cominciate da poco (grazie all'avvento, nel nuovo millennio, di sempre migliori tecnologie per registrare l'attività cerebrale in modo preciso e non invasivo).
Per approfondire il tema della coscienza consigliamo questa lettura |
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Coscienza e cervello. Come i neuroni codificano il pensiero |
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