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La storia di Rodney Alcala, il serial killer del Dating Game

Il serial killer statunitense Rodney Alcala si è fatto da avvocato in uno dei suoi processi. Per cinque ore, si è interrogato da solo al banco dei testimoni, rivolgendosi a se stesso come “Mr. Alcala”, in un tono di voce profondo, e rispondendosi con voce normale.

Pubblicato il 25/03/2019
Fonte: allthatsinteresting.com, Wikipedia inglese, CNN (link alla fonte principale)
Il 13 settembre del 1978 l’episodio del reality show “The Dating Game” che andò in onda in USA venne vinto da un certo Rodney Alcala. Il “promettente single” venne scelto dalla partecipante, Cheryl Bradshaw, che rimase incantata dai suoi modi di fare.
Lei non poteva immaginare che Rodney Alcala, al tempo, era già un serial killer. Se non fosse stato per un brutto presentimento che sorse in Cheryl Bradshaw dopo aver parlato con lui dietro le quinte, forse lei sarebbe stata un’altra vittima. Ma in seguito lei raccontò di aver capito che c’era qualcosa che non andava. “Si comportava in modo inquietante. Ho rifiutato l’offerta.”

Rodney Alcala, un uomo peraltro dotato di grande intelligenza, aveva uno stile, come tutti i serial killer. Picchiava, mordeva, stuprava e strangolava le sue vittime. La sua prima vittima, Tali Shapiro, aveva solo 8 anni al tempo dell’accaduto, nel 1968 (e quindi anni prima della comparsa del serial killer a The Dating Game). Sopravvisse per miracolo.
Anche se il killer venne arrestato nel 1971, venne condannato a soli tre anni di prigione, perché la famiglia della vittima le impedì di testimoniare e non lo si poté condannare per lo stupro.
Per anni si aggirò indisturbato e, presumibilmente, fece molte vittime. Il conto totale non è ancora stimabile, ma alcuni esperti sostengono che potrebbe aver ucciso addirittura 130 persone. Attirava le ragazze (di ogni età, anche giovanissime) chiedendo loro di far parte del suo portfolio fotografico professionale. E molte di loro, dopo aver accettate, sparirono per sempre.
Rodney Alcala venne arrestato infine dopo l’omicidio della 12enne Robin Samsoe, avvenuto nel 1979. Benché fosse stato condannato a morte, la sentenza non è stata ancora eseguita a causa di diversi cavilli legali, e nel 2010, 31 anni dopo l’omicidio, si tenne un terzo processo.

Alcala annunciò che si sarebbe rappresentato da solo. Ormai, le prove DNA nei suoi confronti erano schiaccianti, e potevano collegarlo anche ad altri quattro omicidi.
Per ben cinque ore, i giurati assistettero ad uno spettacolo assurdo: Alcala iniziò ad interrogarsi da solo, rivolgendosi domande riferendosi a se stesso come a “Mr. Alcala”, in una voce profonda, a cui rispondeva con il suo tono di voce normale.
Ovviamente, la giuria lo ha ritenuto colpevole, ma ad oggi la sentenza non è ancora stata eseguita.

Rodney Alcala
San Quentin State Prison

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