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Chi ha un antenato che è sopravvissuto alla peste nera, oggi potrebbe essere immune al virus dell'HIV

Avere un antenato che è sopravvissuto alla peste nera potrebbe significare essere immuni al virus dell'HIV, oggi

Pubblicato il 25/10/2018
Le devastanti epidemie di peste hanno distrutto i popoli europei per tantissimo tempo, intervallandosi con periodi di pace in cui la malattia è rimasta negli incubi e nelle paure di ogni persona come un’ombra lunga, un demone pronto a protrarre nuovamente i suoi artigli e a portarsi via il primo mal capitato.
La peste ha però lasciato un segno sui popoli europei, un segno che oggi ci dà un vantaggio non da poco. Il 10% degli europei, infatti, è immune all’infezione del virus HIV, grazie alla mutazione di un gene la cui percentuale nella popolazione europea è aumentata notevolmente dopo le pesti.
Il gene ha effetto su una proteina chiamata CCR5, che si trova sulla superficie dei globuli bianchi. La proteina mutata, particolarmente comune in Europa, impedisce al virus dell’HIV di entrare nelle cellule dei globuli bianchi e di danneggiare quindi il sistema immunitario.
La mutazione del CCR5 era in una sola persona su 20.000 prima dell’epidemia di peste del 1347, che uccide circa il 40% degli europei in 3 anni.
Si pensa, dunque, che la percentuale sia stata drammaticamente aumentata dopo questa (e altre) epidemie.
Alcuni scienziati suggeriscono che, invece della peste o della febbre emorragica, sia stato il vaiolo ad avere questo effetto.
In ogni caso, le epidemie che hanno aumentato la diffusione della mutazione erano causate da agenti patogeni che utilizzavano la stessa “porta d’ingresso” utilizzata oggi dal virus dell’HIV (seppure di natura molto diversa). Chi era immune a quel tempo ha potuto con maggior probabilità tramandare il proprio corredo genetico a persone che oggi sono immuni all’HIV.

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