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La Sindrome del Terzo Uomo, la misteriosa entità rassicurante che appare a chi si trova in difficoltà

La Sindrome del Terzo Uomo è un fenomeno che viene riportato dagli scalatori e dagli esploratori che hanno vissuto esperienze traumatiche in situazioni difficili. Durante questi momenti, alcune persone avvertono la presenza di un'entità rassicurante, che offre consigli pratici ed incoraggiamento. Si pensa che si tratti della manifestazione della mente sofferente dell'individuo stesso, che offre supporto in caso di estremo stress. Le esatte cause del fenomeno sono tuttavia ancora sconosciute.

Pubblicato il 09/03/2023

La Sindrome del Terzo Uomo è uno dei più misteriosi ed affascinanti fenomeni legati alle reazioni degli esseri umani che si trovano in contesti estremi. Il primo a descriverlo fu l’esploratore Shackleton, che raccontò di una strana presenza che egli percepì nei momenti più duri delle sue spedizioni. Da allora, moltissime persone hanno confermato di aver fatto a loro volta questa curiosa esperienza.

È capitato ad esploratori, scalatori, sopravvissuti a disastri naturali. Tutti quanti riportano di aver visto una persona o udito una voce, di solito confortante e in grado di fornire informazioni utili su come gestire la situazione.

Una testimonianza importante è quella dell’esploratore britannico Frank Smythe, che tentò di raggiungere la vetta del Monte Everest e che dovette fare i conti con un viaggio arduo e disastroso. La sua squadra, infatti, si era ritirata per via del vento forte, della neve e dei bassi livelli di ossigeno. Lui, però, decise di non fermarsi, e arrivò a un passo dalla vetta ma senza riuscire a conquistarla.

Nel suo diario, Smyth descrisse la Sindrome del Terzo Uomo. La presenza era così vivida che, a un certo punto, l’esploratore tirò fuori dalla tasca una tortina alla menta, la divise in due e offrì una metà al suo compagno invisibile. “Avevo la forte sensazione che qualcuno mi accompagnasse. Era così forte che eliminava completamente la solitudine che, altrimenti, avrei potuto provare”.

Lo scrittore John Geiger, che ha passato cinque anni a raccogliere testimonianze di questo fenomeno, ha riportato la storia di Ron DiFrancesco, uno dei lavoratori al World Trade Center sopravvissuti all’attentato dell’11 settembre.

DiFrancesco tentò di precipitarsi giù per le scale dopo che il secondo aereo aveva colpito al Torre Sud. Rimase bloccato nel fuoco. A quel punto, sentì qualcosa afferrargli la mano. Questo “qualcosa” lo aiutò ad alzarsi e lo condusse verso l’uscita. DiFrancesco fu l’ultima persona a lasciare la Torre prima che collassasse.

Storicamente, una delle primissime testimonianze della Sindrome del Terzo Uomo risale alla spedizione in Antartide di Ernest Shackleton, del 1916. L’imbarcazione della squadra di Shackleton era intrappolata nel ghiaccio, e i tre uomini furono costretti a farsi strada tra i ghiacciai per raggiungere una stazione. In seguito, egli scrisse: “Durante quella lunga marcia tra le montagne e i ghiacciai senza nome, durata 36 ore, mi pareva spesso che fossimo in quattro, non in tre”.

Fu il poeta T.S. Eliot, una volta letto il racconto di Shackleton, a dare un nome al fenomeno. Lo incluse nella famosissima opera Terra Desolata:

Chi è il terzo che sempre ti cammina accanto?

Se conto, siamo soltanto tu ed io insieme

Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca

C'è sempre un altro che ti cammina accanto

Che scivola ravvolto in un ammanto bruno, incappucciato

Io non so se sia un uomo o una donna

– Ma chi è che ti sta sull’altro fianco?

Ancora non c’è una spiegazione scientifica per la Sindrome del Terzo Uomo. Si pensa che sia un fenomeno dovuto all’approssimarsi della morte, dovuto a particolari segnali elettrici nel cervello, chiamati switch. Non è chiaro, tuttavia, come mai capiti soltanto a determinate persone. Sembra però avere un valore adattivo, in quanto aiuta a superare situazioni di shock, paura e stress.

C’è chi si rifà alle teorie, affascinanti se pur un po’ datate, dello psicologo Julian Jaynes (vedi l’opera Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza). In questa prospettiva, la Sindrome del Terzo Uomo sarebbe il residuo ancestrale della cosiddetta “mente bicamerale”: un funzionamento mentale differente che l’uomo avrebbe perduto qualche migliaia di anni fa. La mente bicamerale spiegherebbe la particolarità della letteratura e dei miti degli antichi: la mente era divisa in due metà, e ogni individuo era in diretto contatto soltanto con una delle due metà. L’altra si manifestava sotto forma di voci, che avrebbero permesso di evitare la solitudine nelle condizioni difficili di sopravvivenza. Il progresso culturale e l'interazione sociale, nel tempo, avrebbero unificato la mente.

Galdhøpiggen, Jotunheimen, Norvegia
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