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I pinguini delle isole Falkland che prosperano grazie alle mine antiuomo

I campi minati delle isole Falkland sono diventati delle riserve naturali accidentali per i pinguini, visto che non pesano abbastanza per innescare le mine. Laggiù, dove gli umani non possono entrare, la popolazione di pinguini conta diverse migliaia di esemplari.

Pubblicato il 02/06/2019
I campi minati delle isole Falkland, arcipelago nell’Atlantico del Sud, erano stati disposti per uccidere più soldati britannici possibile. In questi 35 anni, però, sono diventati riserva naturale per pinguini.
Le spiagge fuori Stanley, la capitale delle isole Falkland, risuonano dei versi di pinguini Papua e pinguini di Magellano, ma sono inaccessibili agli esseri umani, delimitate da filo spinato, con l’aggiunta di diversi segnali di pericolo.
Il 2 aprile del 1982 le navi da guerra argentine approdarono sull’isola, compiendo un’invasione in piena regola. Ma il dominio argentino sull’isola durò solo 74 giorni, anche se si portò via 907 persone.
Per fermare la riconquista britannica dell’isola, i militari argentini misero decine di migliaia di mine antiuomo, ponendole soprattutto sulle spiagge. Da allora, queste sono inaccessibili. Ma non per i pinguini, o almeno per alcune specie. A quanto pare questi non hanno infatti il peso sufficiente per innescare le mine, e hanno potuto reclamare i territori senza trovare nessun tipo di opposizione.
Le mine sono molto difficili da rimuovere, perché bisogna camminare gattonando, smuovendo grossi pezzi di terra e sabbia. Inoltre, in questi anni le dune hanno cambiato forma, ed è impossibile usare le vecchie mappe per individuare i pericoli. Ma, benché il governo britannico ci stia comunque ancora lavorando (e spendendo), c’è chi si chiede quale sia il senso di rimuoverle, a questo punto.




michael clarke stuff // Wikimedia
Liam Quinn // Wikimedia

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